L’Olimpiade di Londra protagonista della Conviviale del Panathlon Asti

5 settembre 2010 | 14:25
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L’Olimpiade di Londra protagonista della Conviviale del Panathlon Asti

Mai come nel corso dell’ultima conviviale i soci del Panathlon Club Asti hanno osservato un “religioso” silenzio nell’ascoltare “Le Olimpiadi secondo Paolo Viberti”.

Il giornalista, in Tuttosport dal gennaio 1980, ha seguito tutte le manifestazioni sportive top level: 6 edizioni delle Olimpiadi estive, 3 Olimpiadi invernali, 26 giri d’Italia, 8 Tour de France, 26 Mondiali di Ciclismo, Europei e Mondiali di basket, gare di Coppa del Mondo e Mondiali di sci alpino, fondo e slittino, oltre ad essere stato ottimo giocatore di basket fino alla serie B2 e Campione Italiano Giornalisti-driver e poi Gentlemen nelle corse di trotto. Appassionato di ciclismo, ha percorso, rigorosamente in solitaria, tutte le più temibili vette del Giro e del Tour.

Con un relatore del genere, che respira, mangia e dorme sport da sempre, i soci del Panathlon hanno avuto l’occasione di ascoltare una descrizione “vera”, dello spirito olimpico condito da questioni economiche, politiche, una descrizione scevra dalla demagogia che spesso accompagna le manifestazioni di questo tipo.

Se Barcellona era stata l’Olimpiade del sorriso catalano e Pechino quella della perfezione, per Paolo Viberti Londra è stata l’Olimpiade della musica, una musica che ha fatto da colonna sonora alle storie delle donne e degli uomini, di casa nostra e non, che hanno fatto grande l’Olimpiade londinese.

Dall’ostacolista cinese Liu Xiang che per la seconda volta e con lo stesso pettorale di gara ha patito esattamente lo stesso infortunio al tendine d’Achille, ai “boteriani” arcieri italiani che hanno sovrastato con cuore e precisione la perfezione fisica dei Robin Hood americani, al record degli 800 metri di Rudisha che ha dato spettacolo in solitaria senza lepre.

A Londra l’Italia nel medagliere ha raccolto di più che a Pechino (8 ori, 9 argenti ed 11 bronzi), nessun altro paese con la precaria situazione economica sarebbe riuscito nell’impresa; si è fallito negli sport di squadra più classici ed in quelli in cui occorrono massicci investimenti nei vivai (o si riesce a naturalizzare come negli paesi o il futuro sarà impietoso). Si è dato il massimo negli sport in cui è possibile il “fai da te”, in cui si può anche essere autodidatti e le federazioni non hanno la possibilità di “macchinare” politicamente.

Poco Decuobertiana ma assolutamente vera la definizione data dal giornalista “cos’altro è un’Olimpiade, se non la guerra senza morti”, introducendo la descrizione della rabbia agonistica di Molmenti, oro nel kayak, della rimonta della Vezzali per un semplice bronzo e del suo spirito di squadra. Degli “antidivi” come Nicolò Campriani, oro nel tiro a segno che ha rifiutato un’intervista la vigilia della sua gara.

Per passare poi al gossip senza risultati del settore nuoto, orfano dell’anima del settore Castagnetti, alla lezione di antropologia sportiva della conferenza stampa di Alex Shwazer.

Illustre giornalista e platea concordi nel concludere che quella che manca è la cultura della sofferenza, la cultura della vittoria ma anche la cultura della sconfitta. Quello che regna, purtroppo già quasi dalla culla, è la cultura del campioncino e della visibilità ad ogni costo e non più la visione dello sport come uno strumento come riscatto dalla fame: con premesse del genere non è difficile supporre che la prossima Olimpiade sarà più avara per Casa Italia.

Paolo Viberti sarà nuovamente ospite del Panathlon per la presentazione delle versione aggiornata al 2012 del volume “La Storia delle Olimpiadi”, ultimando l’opera originale di Stefano Jacomuzzi che si era fermato all’edizione di Monaco 1972.

Red.