L’Asti Rugby Junior a 360°: intervista al Presidente Vincenzo Carafa

12 dicembre 2013 | 10:58
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L’Asti Rugby Junior a 360°: intervista al Presidente Vincenzo Carafa

Vincenzo Carafa può, in poche righe, descrivere come è nata questa Società?

E’ un sodalizio nato tre anni fa per rispondere concretamente alla “fame” di rugby giovanile esploso ad Asti, anche grazie alla partecipazione della formazione dell’Asti Rugby 1981 al Campionato nazionale di serie A. Il numero dei tesserati, sempre in aumento, ha imposto una scelta drastica e un cambio di mentalità: più attenzione al settore giovanile. Allora, per cariche federali incompatibili con incarichi di club, sono rimasto in ombra, oggi ne sono alla guida.

Per scelta?

Affatto. Il minirugby, è uno sport che, se gestito con i grandi numeri, è oneroso e in questi anni il solo entusiasmo non è riuscito ad assicurare una gestione ottimale delle risorse e l’attività futura ne avrebbe di conseguenza risentito. Occorreva una gestione diversa, con esperienza e collaborazioni qualificate. L’altra faccia della medaglia, purtroppo, è dover ripartire come fosse l’anno zero. E’ successo troppe volte e questo non è un segnale positivo che si trasmette all’ambiente, ma anche ai genitori dei bimbi. Vedremo di fare in modo che questa sia l’ultima volta.

Dove sta la differenza di costi rispetto ad un altro sport giovanile?

E’ abbastanza evidente e la illustro. Il rugby è uno sport in crescita e ad alta visibilità, ma sono ancora poche le società e molte volte pochi i loro tesserati. Asti, in questo senso è un’isola felice, ma ahinoi, per svolgere l’attività di base dobbiamo spostarci di molti chilometri per raggiungere in tutto il Piemonte, le sedi delle partite domenicali. Non esistono attività provinciali come negli altri sport. Ogni domenica spostiamo oltre 100 bambini e ragazzi e questo, per famiglie e società, ha dei costi che non esistono in altri sport, giocati a livello di base. C’è poi il discorso allenatori: se vuoi crescere devono essere capaci ed essendo il rugby, non così diffuso, sono rari e geograficamente lontani; questo si traduce in retribuzioni decisamente onerose a carico della Società. Per fare un esempio, nel calcio, nel basket, nella pallavolo i tecnici sono prevalentemente tutti locali, i nostri invece, stranieri … e non è un vezzo mi creda.

Sembrerebbe di capire che le famiglie sono coinvolte anche economicamente.

Checché se ne dica ed in alcuni casi criticarne i modi e comportamenti, i genitori sono parte integrante del movimento. Senza di loro difficilmente potremmo realizzare il progetto che stiamo elaborando. Siamo consapevoli di chiedere molto alle famiglie. Non è sempre facile, ogni domenica alzarsi presto e sobbarcarsi centinaia di chilometri per raggiungere le sedi di gioco. Siamo coscienti dei sacrifici economici e non, che chiediamo loro, ma siamo altrettanto convinti di avere dalla nostra un gruppo appassionato, al quale i sacrifici possano esser ripagati, almeno in questa prima fase, dai risultati dei propri figli. Risultati che non necessariamente devono arrivare dal punteggio, ma soprattutto dal gioioso appagamento, che è l’espressione più vera del rugby giovanile.

Le altre società piemontesi come fanno?

Penso che la realtà numerica e organizzativa della Junior Asti Rugby possa trovare similitudini solo a Torino, in ambiente CUS; anche loro hanno costituito una società per mantenere efficiente la gestione giovanile. Gli altri sodalizi hanno numeri decisamente inferiori e, credo, vita più facile.

I numeri alti sono quindi un problema…

Dipende dalla politica societaria. La nostra mette tutti i bambini sullo stesso piano. Il più forte ha lo stesso diritto a giocare di quello più debole e quindi tutti partecipano ai Tornei ed ai concentramenti. Mai si è deciso di portare solo una squadra lasciando a casa dei ragazzi. Schieriamo ogni domenica sempre, ovviamente se disponibili, tutte le squadre di ogni categoria. Ribadisco, spostiamo oltre 100 ragazzi, facendo molte volte la fortuna della manifestazione alla quale partecipiamo.

In che modo?

Gli incontri domenicali, calendarizzati dalla Federazione sul territorio, definiti concentramenti, vedono la partecipazione di tre o quattro società. Alcune di queste, non raggiungono nemmeno il numero minimo di giocatori per squadra. Si può comprendere come la nostra partecipazione con due compagini per categoria, permetta l’organizzazione di un bella manifestazione.

Partecipare a questi concentramenti, definiti da lei, tecnicamente un po’ scarsi, serve alle squadre dell’Asti?

Con il settore propaganda, ci poniamo ai vertici in Piemonte. Sicuramente per crescere dobbiamo confrontarci con realtà migliori di quelle piemontesi, ma non credo sia giusto ragionare esclusivamente in quest’ottica.

Perché come la vede?

In modo un po’ nostalgico. Ho giocato a rugby e ho tre figli che lo fanno. Ho un passato da Presidente dell’Asti Rugby 1981 e ricordo con piacere gli anni passati, quando il rugby era sconosciuto ai più e le mamme lo consideravano esclusivamente uno sport pericoloso. Avevamo un settore giovanile con pochi bambini, i miei figli con alcuni compagni, giocavano nello stesso concentramento con più squadre in categorie diverse, perché allora mancavano i numeri per formarne una completa. Il lavoro negli anni ha pagato e proprio per questo non dobbiamo dimenticare chi oggi, come noi in passato, ha iniziato questo percorso. Abbiamo il dovere di contribuire alla crescita del rugby in Piemonte, anche a costo di alcuni sacrifici in termini di prestigio.

E quindi l’attività viene svolta solo in Piemonte?

Assolutamente no. Alterniamo un’attività di base nei concentramenti per permettere di crescere ai nostri ragazzi che hanno iniziato da poco ad una attività in Tornei con la presenza di squadre più blasonate. Da inizio stagione fino a novembre si da più peso alla fase regionale, in primavera invece ci saliamo a livello nazionale. L’anno scorso abbiamo ben figurato al Trofeo Topolino e in altri Tornei molto quotati. Nella stagione in corso, abbiamo pianificato in primavera la partecipazione a 6 Tornei nazionali e ad un’internazionale in territorio francese

Altri progetti per il futuro?

Stiamo investendo in modo massiccio risorse economiche e umane nelle scuole ed i risultati sono promettenti. Il ritorno è evidente sia in immagine, sia nel numero di bambini che provano il nostro sport e se ne innamorano.

Dopo il settore propaganda?

La junior Asti Rugby ha, oltre alle Under 6,8,10,12, la Under 14 e la Under 16. In queste ultime due categorie si inizia a giocare il vero rugby e subentrano altri fattori. Crescita fisica , spirito di sacrificio, distrazioni, impegni scolastici, quest’ultimi da mantenere come valenza sempre al primo posto, sono elementi non gestibili direttamente dalla Società.
In queste categorie inizia la selezione dei giocatori e siamo pienamente soddisfatti dei nostri ragazzi.
Quest’anno, per esempio, abbiamo fornito due elementi al Settore Tecnico Nazionale, che ne curerà lo sviluppo di carriera, con l’obiettivo di creare il vivaio della Nazionale maggiore. Per una Società così giovane è già un ottimo traguardo.

Red.