Lorenzo Lombardi: ”Quando un sistema non è perfetto, capita che il paradosso diventi la regola”

8 aprile 2015 | 12:24
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Lorenzo Lombardi: ”Quando un sistema non è perfetto, capita che il paradosso diventi la regola”

“Quando un sistema non è perfetto, tanto che spesso non funziona, può capitare che il paradosso diventi la regola. Così si può assistere, ormai forse senza più stupore, che una squadra che ha appena vinto sul campo una partita tanto importante quanto difficile, guidata da dirigenti ed allenatore, si lamenti a gran voce (per usare espressioni eufemistiche) di una telecronaca che, per ovvie ragioni, non ha potuto sentire. E può anche capitare che venga apostrofato con parole pesanti ed immeritate un ex giocatore ed attuale allenatore del nostro settore giovanile, il cui carattere e la cui educazione sono da esempio, nonchè stimati e riconosciuti da tutti.

Poi, può capitare che quando giochi in trasferta non ti sia consentito di esprimere opinioni e dissensi, ma quando sei “società ospitante”, per gli stessi soggetti, tu debba stendere tappeti rossi e accettare quanto vietato a casa loro.

Può capitare che lanci di oggetti (tra cui aste di bandiere spezzate, bottigliette e tappi) e sputi sia considerato meno grave da arbitri, commissari di campo, procura federale e giudice sportivo, piuttosto che cori contro avversari.

In un mondo così sensibile, in cui evidentemente le parole feriscono più dei pugnali (neanche tanto metaforici, se confrontati al pezzo di asta di bandiera finito “accidentalmente” in campo, secondo alcuni delle istituzioni), non hanno trovato ancora giustizia alcune situazioni spiacevoli poste all’attenzione della procura federale, molto solerte quando si è trattato di accertare e punire i presunti fatti che hanno visto coinvolto il vicepresidente della società nero-arancio (non scordiamoci che i fatti di cui trattasi non sono stati visti direttamente da nessuno, se non dai due direttori di gara e che gli eventi stessi, per la gravità del fatto denunciata – calcio al volto ed al basso ventre – non abbiano trovato riscontro oggettivo nei certificati medici, ma questa è un’altra storia), ma apparentemente “lumachesca” quando si tratta di accertare fatti che hanno visto la squadra orange, suo malgrado, protagonista.

E così, solo per citarne alcuni:
un assedio tra primo e secondo tempo ed alla fine della partita operato non dal pubblico (totalmente assente nell’impianto), ma dalla squadra ospitante e continue minacce davanti ai tre direttori di gara ed al commissario di campo non hanno avuto alcun seguito (e neanche una multa e, oramai, son passati 5 o 6 anni), ma solo il beneficio della scorta da parte di due camionette delle forze dell’ordine;
un’invasione di campo e una rissa con cinture e oggetti vari operata da una decina di sostenitori locali, “caricati” per tutta la partita da un ex giocatore della nazionale (allora dirigente della società ospitante) non è “mai successa”, almeno parrebbe sotto l’aspetto formale. Anche in quel caso scorta della polizia;
un sequestro di un intero pullman con minacce da parte di alcuni tifosi locali (sedicenti armati), coordinati da soggetti “vicini” alla dirigenza locale, oltre ad avere aperto un fascicolo presso la Procura della Repubblica (a livello statale e non sportivo, quindi), non ha portato ancora ad alcuna decisione;
le parole di un mister che, in diretta tv, smonta in un secondo tutti i concetti su cui si fonda lo sport, (sostenendo che la coppa che stava disputando era già stata assegnata a tavolino), nonostante siano passati più di 40 giorni e l’esposto sia stato promosso proprio dalla Divisione calcio a 5 (…) pare non siano ancora state valutate così approfonditamente da poter giungere ad un provvedimento (qualsiasi esso sia).

L’evolversi degli eventi di questi ultimi giorni mi ha portato a riflettere sul fatto che solo chi pone in essere alcune “furberie” e fa la voce grossa, possa essere ascoltato. Solo chi si lamenta e grida ha, a volte, l’attenzione di quello che dovrebbe essere il naturale interlocutore. Ma penso che non mi abbasserò mai a questi livelli, perché sarebbe darla vinta a chi gioca nel modo che proprio non mi piace. Parlare con un tono di voce normale e non gridare, però, non vuol dire stare zitto.

E così non posso tacere che sono rammaricato del fatto che una società avversaria concordi di giocare con determinate divise e poi, davanti ai direttori di gara, arrivi con altre. Non perché sia una cosa che comporti particolari problemi, ma perché è significativa e sintomatica.

E non posso tacere, ancora di più, che mi infastidisca molto dover allertare le forze dell’ordine locali, perché dalla stessa società giunge la notizia dell’arrivo al Palasanquirico di tre pullman, ovvero di 150 ultras di calcio che nulla hanno a che fare col mondo del nostro sport. Vengono predisposti piani di sicurezza, fatti sopralluoghi, allestite zone apposite… ma poi cosa capita: che oltre a non arrivare nessuno, non sono arrivate neanche tante famiglie e tanti bambini che, solitamente, riempiono gli spalti, proprio per evitare di assistere a scene analoghe a quelle dei play-off di due anni fa o, molto più recenti, della finale della Coppa Italia di quest’anno (sì, ecco cosa mi ero scordato, anche dal settore sovrastante quello dedicato ai nostri tifosi, alle nostre famiglie ed ai nostri dirigenti, sono stati lanciati oggetti e sputi).

E tutto questo, pur facendomi venire voglia di gridare (nel vero senso della parola) in faccia ai diretti interessati, mi permette di scrivere queste riflessioni su un mondo che non è quello del calcio a 5, ma quello dell’Italia dei furbi contrapposta all’Italia che prova ad essere corretta.

Concludo tornando all’unico argomento che mi interessa, ossia il campo: devo solamente dire “FORZA” ai nostri ragazzi (dallo staff tecnico ai giocatori) che, essendo persone intelligenti, sanno e capiscono quello che capita. Non fatevi distrarre dal contorno, pensate a fare quello che vi riesce bene: giocare e vincere. Abbiamo dimostrato già due volte di essere più forti e sono convinto che potremo farlo ancora e, se non capiterà, stringeremo la mano a chi ci ha battuto, sempre che lo abbia fatto “sportivamente”.”

Lorenzo Lombardi

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